Da W. Reich in poi viene introdotto nel sistema psicanalitico il lavoro sul corpo.
Questo si è proposto, fin dall’inizio, come lavoro diretto sui substrati costituenti l’organizzazione psichica: es, io, superio.
Secondo la psicoterapia ad approccio corporeo sia la carica pulsionale che le difese inconscie si strutturano, nel corso dello sviluppo, dalla nascita in poi, in caratteristiche tissutali. Queste non concernono solamente quella “corazza muscolare” che rimane storicamente l’oggetto di indagine e di lavoro peculiare della Bioenergetica, in molte scuole derivanti dal lavoro di Reich si sono infatti sottolineate sempre più le varie corrispondenze tra le tipologie classiche del carattere inteso come insieme di condizioni emozionali e cognitive ( schizoide, orale, narcisista, masochista, isterico) e condizioni corrispondenti della cute, del sistema connettivo, delle articolazioni e dei visceri.
Reich aveva portato l’attenzione, nel suo lavoro diretto sui pazienti, a 7 segmenti di organizzazione strutturale somatopsichica (oculare, orale, cervicale, toracico, diaframmatico, addominale e pelvico) che rappresentano così una distribuzione di peculiarità somato-funzionali secondo una “dimensione verticale”. Varie scuole successive hanno focalizzato l’attenzione anche su una “dimensione centro-periferia” dell’organizzazione, rilevando così caratteristiche e tipologie di ipo/iper sviluppo, di carica, di differenziazione e di trofismo di strutture organo-tissutali più mediali ( colonna- nevrasse-visceri ), intermedie ( sist. fasciale e muscolare) o distali (la cute e sottocute) in un continuum attraversato da fenomeni globali di espansione/contrazione caratterizzati da ritmicità e fluidità ora libere ed armoniche, ora bloccate o coatte.
In tal senso sottolineiamo il lavoro dell’Istituto di Analisi Funzionale di Will Davis e la Biosintesi di David Boadella.
Per noi è importante rimarcare un altro aspetto fondamentale dell’enorme lavoro di W. Reich: ricordare come egli abbia consacrato un’idea che in Freud era solamente stata intuita, quella di un inconscio strutturato (ossia un inconscio costituito non solamente di cariche e controcariche rimosse) identificabile con una matrice fondamentalmente biologica e che si sviluppa secondo dinamiche pulsionali universali (orgoniche) coinvolgendo la vita in tutte le sue forme, dagli stadi pre-cellulari ai fenomeni atmosferici, dalle galassie al cancro. Nasce così l’idea di un’organizzazione biologica della psiche.
Da un punto di vista culturale più ampio e moderno un approccio psicobiodinamico alla salute e alla malattia correlabile agli sviluppi della psicoterapie neo-reichiane non può che tener conto delle Teorie Ecosistemiche della Complessità e del Caos, della Fisica Quantistica, delle Teorie dei Sistemi Cognitivi e dei contesti teorico-applicativi di diverse scuole psicologiche ( quella Junghiana, quella di Matte Blanco e quella Sistemico-Relazionale).
Secondo le moderne teorie ecosistemiche e cognitive ogni organismo ( rete di sottosistemi e parte di sistemi più ampi) è fondato su una organizzazione energetica qualitativa (“mentale”) di base che ne stabilisce le caratteristiche essenziali, è mantenuto in un equilibrio instabile dal continuo alternarsi di processi dinamici ( metabolici, vibrazionali, neurovegetativi) ed è infine strutturato secondo livelli di complessità crescente.
Quando vi sono alterazioni qualitative e/o quantitative nei flussi energetici ed informazionali per cui l’organismo, più o meno complesso, non è in grado di “processare”( riconoscere, elaborare) gli stimoli o di sviluppare risposte funzionali alla propria autorealizzazione (risposte autoplastiche), l’energia non trasformata viene per così dire contratta in fenomeni patologici per cui il sistema regredisce a forme meno differenziate dal punto di vista strutturale,funzionale e comportamentale ( anche emozionale e psicologico per i più complessi).
Nell’interfaccia con il pensiero Junghiano il corpo diventa allora la sede del mondo dell’inconscio collettivo ed indifferenziato, le sue funzioni e le sue manifestazioni tissutali o patologiche assumono valore di processo simbolico. Relativamente alle altre scuole citate, da Matte Blanco a Bhom, da Penrose a Bateson, a Damasio ed altri autori si può confermare l’esistenza di un mondo e di un inconscio dotato di matrice biologica caratterizzata da un ordine qualitativo, alogico, implicato e non computazionale, in relazione armonica o disarmonica ( vedi concetto di entrainment) con i sistemi ambientali e comunicazionali con cui si interfaccia l’individuo.
Da tale mondo emergono elementi strutturali che presentano definizioni ( quantitative, logiche, esplicate, computazionali) che si rivelano in caratteristiche di tessuti, di organi ed eventualmente di alterazione e di lesione, così come si generano quei sistemi cognitivi razionali propriamente detti che corrispondono a modalità di pensiero,di apprendimento, di consapevolezza o di difesa (percettiva ed emozionale).
Il lavoro dell’analisi ad indirizzo corporeo diventa allora quello di rimobilizzare, anche con un intervento diretto sui tessuti, i contenuti inconsci, ora archetipici ora rimossi, strutturati nell’organizzazione qualitativa e quantitativa biologica e consentirne una riorganizzazione somato-funzionale (lavoro sull’IO).
Alla luce di tali pur sintetici riferimenti possiamo allora rileggere i vari ambiti di applicazione della TCS riuscendo a cogliere innanzi tutto l’ enorme differenza di un ”focussing” centrato sugli aspetti delle definizioni strutturali che possiamo percepire rispetto a quello fondato sulla sintonizzazione con aspetti di campo più sottili, globali e “transpersonali” di chi si sdraia di fronte a noi. In entrambi i casi ci preme comunque sottolineare come la TCS è tra le pochissime applicazioni che utilizzano un concetto di sintonizzazione su aspetti qualitativi, sia riguardo alle strutture che a patterns globali.
Nel primo caso, comunque, noi interagiamo con il lessico e la storia delle dinamiche, a volte traumatiche, strutturate nelle caratteristiche dell’osso, delle fasce, dei blocchi e delle lesioni che percepiamo e che rappresentano complessivamente, non bisogna dimenticarci, le necessità di ciò che l’organismo ha avuto bisogno per trovare ogni volta una modalità “attuale” di sopravvivere e di mantenere un equilibrio. Tali caratteristiche tissutali sono allora l’elemento “deconnesso” (rimosso) e “strutturato” appunto di quelle potenzialità creative e degli aspetti processuali più profondi che troviamo invece nell’approccio biodinamico.
Quest’ultimo si interfaccia, spesso in maniera addirittura entusiasmante, con la percezione di quei processi universali di espansione/contrazione ritmiche che attraversano la dimensione centro-periferica dell’organizzazione somatoemozionale .
Percepiamo bene allora come tutte le strutture vengono attraversate dalla Marea Media in un contesto ancora individualizzato ma fuori da una caratterizzazione strettamente puntiforme sul piano spazio-temporale, o dalla Marea Lunga in uno spazio che va dalla linea mediana alla relazione transpersonale , all’universo intero e dal primo sorgere dalla vita embrionale a tutto lo sviluppo della propria esistenza (….ed anche oltre?!).
Nella contestualità strutturale noi potremo più facilmente incontrare topograficamente la storia circostanziata dell’individuo, traumi focali ed eventi rimossi che, solamente se saremo così capaci di interfacciare a tutti i livelli, potranno riemergere nel corso delle nostre unwindings, degli energy – drive , ecc. (valgano per tutti i bellissimi casi di Upledger ).
Certamente non ci sarà da stupirsi se, nel contesto strutturale, noi rischiamo di ripetere sblocchi e correzioni senza che succeda fondamentalmente nulla , a parte l’effetto sintomatico. D’altronde questo è ciò che ha già fatto l’aspetto omeostatico dell’organismo quando ha “deconnesso” tali patterns strutturali dalla percezione, dall’emozione e dalla consapevolezza.
Noi dovremmo sempre ricordarci che ogni “blocco” ha un senso ed una funzione ben precisa nell’economia della persona e che ogni trattamento su di esso ( anche sul trauma rimosso allora) può avere senso solamente quando l’individuo è pronto ,ossia quando avrà sviluppato quelle capacità elaborative ed autoreferenziali senza le quali o risomatizza o non contiene l’emergere (energetico od emozionale) del contenuto. Da questo punto di vista andrebbero sottolineati anche gli eventuali pericoli di un trattamento precoce o non consapevole.
Comunque sia riteniamo necessario e più sicuro, in linea con quanto propone l’Analisi Funzionale, lavorare sul corpo per rimobilizzare i contenuti energetici centrali di base ( l’equivalente della sintonizzazione sulla linea mediana del lavoro biodinamico) anziché “meccanicisticamente” trattare strutture, blocchi o resistenze. In quest’ultima evenienza è altrettanto chiaro come preferiamo andare nella “stessa direzione” della lesione, facilitando semmai una liberazione autogena rispetto al “correggere” la lesione, tipico di alcune scuole.
Il nostro approccio insomma tende ad andare oltre a finalità centrate esclusivamente su “risoluzioni” di lesioni e di traumi.
Sarà importante considerare, daltronde, che anche un lavoro in biodinamica che non tenga conto dell’organizzazione “caratteriale” centro-periferica, psicosomatica e funzionale della persona o che non sappia far rielaborare ed integrare gli effetti all’interno di un’organizzazione dell’ Io , ossia del contenitore,delle sue strutture e della sua consapevolezza percettiva, possa essere inadeguato o altrettanto infruttuoso.
A volte c’è l’impressione che l’aver scoperto ed il poter interagire con meccanismi bioelettrici, fluidità e processi universali e primigeni come quelli legati al “Respiro della Vita” possa convincere ad affidarsi ad una stessa “tecnica” per qualsiasi persona, dimenticando che ognuno, nel momento che viene incontrato dalle nostre mani, è la storia delle differenziazioni strutturate che sono intercorse nel suo sviluppo e che necessitano di una considerazione e di un intervento che rispettino il suo carattere, i suoi limiti e condizioni, la sua sensibilità e le sue reali capacità di integrazione e di scelta future.
Noi riteniamo fondamentale, per consentire sviluppi veramente riorganizzativi della persona, l’uso ad esempio di una sezione verbale dell’approccio che tenda a rinforzare le capacità di focussing e di riorganizzazione percettiva fondate anche sulla consapevolezza cognitiva dell’Io.
Come in tutte le vere riorganizzazioni creative (artistica, intuitiva, autoplastica ) le due dimensioni longitudinale e centro-periferica, totipotente e differenziata, simmetrica (alogica) e asimmetrica ( logica) devono incontrarsi e fondersi in un atto che è al contempo percettivo e cognitivo .
Secondo la nostra esperienza e quella di alcuni autori la percezione emozionale e la sua definizione attraverso le parole diventano un anello fondamentale.
I passi e i tempi con cui questo può emergere vanno assolutamente accompagnati da un’esperienza e da una preparazione adeguate.